Francesco canto di una creatura

 

Alda Merini, Francesco canto di una creatura, Frassinelli, 2007, Euro 14,00

 

Così mi sono sbarazzato

di tutti i drappi,

di tutte le feste,

dei banchetti,

delle urla,

delle ciance,

delle violenze.

Io mi sono trovato solo

Davanti a un nido di uccelli,

poveri, soli, intirizziti dal freddo,

che erano gli angeli del mio povero eloquio.

La poetessa della follia incontra il menestrello di Dio. E quando Alda Merini- una delle voci più profonde del nostro tempo – fonde le sue parole con quelle di un gigante della fede e dell’umanità come Francesco d’Assisi, non può che accadere qualcosa di speciale. Alda si mette accanto a Francesco e i due, quasi per magia, iniziano a parlare all’unisono e possono farlo perché, pur nella diversità, i due hanno tanto in comune.

Francesco e Alda sono poeti: abitano la poesia, ne conoscono la fonte, ne sperimentano la potenza. Ci raccontano di che cosa voglia dire per un poeta guardare il mondo, stupirsi come un bambino dinanzi al mistero dell’esistenza. Francesco ha saputo fare della sua vita una poesia, un esercizio di verità verso se stesso, verso il mondo, verso Dio ed è proprio questo che ha permesso a chi come la Merini ha sempre vissuto lo scandalo della sincerità, di mettergli accanto il respiro della sua anima. La presenza di Dio, per il santo, è inscindibile dalla sua stessa vita e questo lo butta a terra per farlo rialzare nuova creatura e incamminarlo sulla strada della riconciliazione con se stesso e con il mondo. Anche Alda fa l’esperienza di Dio, di un Dio percepito visceralmente unito alla sua concretezza di donna, alla sua carnalità. Per Francesco come anche per la Merini, Dio non è solo Verità, ma Mistero e luce al tempo stesso, in grado di stravolgere le vicende di una vita.

Altro ponte tra Francesco e Alda è la vicenda dell’emarginazione, l’etichetta di “folle”. Francesco è relegato ai margini della società del suo tempo, perché ritenuto folle. Folle perché lontano dagli schemi, folle perché testimone dell’invisibile. Anche Alda vive questo allontanamento dagli uomini cosiddetti “normali” e vive nella sua carne l’epiteto di folle. Trascorre ben venti anni della sua vita in manicomio. E lì incontra il dolore dell’uomo, un’esperienza che segna tutta la sua vita e illumina la sua poesia.

Alda e Francesco, infine, conoscono la povertà: lei la subisce, lui la sceglie, ma entrambi imparano a distinguere l’utile dal necessario, perché ogni cosa ha il suo valore e la vita è un gioco di priorità.

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